martedì 19 marzo 2013

VESTITI KILLER



Ormai dobbiamo rassegnarci: viviamo in un’epoca salutista.
Essere sani è diventato un dovere, ma non è certo una vita facile...
Dopo aver scoperto che per rimanere sani è meglio non mangiare carne, non consumare latte, non fumare, non bere, non respirare troppo soprattutto nelle grandi città, pur con faticose rinunce, ma con animo più sereno e ormai convinti di aver investito in un futuro di salute, ahimè dai giornali apprendiamo l’ultimo agguato alla nostra precaria serenità del manuale di sopravvivenza! La notizia è alla ribalta da diversi giorni: anche i vestiti sono tossici!
A Pechino Greenpeace con una sfilata shoc ha denunciato con lo sconvolgente rapporto “Toxic Threads – The Fashion Big Stich-Up”, la presenza di sostanze tossiche pericolose per la salute dell’uomo da parte dei produttori tessili di varie aziende.
Tra le catene di moda purtroppo sono coinvolte anche nomi di marchi famose[//] (come Benetton, Jack & Jones, Only, Vero Moda, Blažek, C & A, Diesel, Esprit, Gap, Armani, H & M, Zara, Levis, Victoria’s Secret, Mango, Marks & Spencer, Metersbonwe, Calvin Klein, Tommy Hilfiger e Vancl i brand analizzati). Negli articoli analizzati, tra le sostanze chimiche sono stati trovati i NPE (composti nonilfenoloetossilati) che possono rilasciare i corrispondenti nonilfenoli, nocivi perché in grado di alterare il sistema ormonale dell'uomo.
In alcuni marchi come Zara, Metersbonwe, Levi's, C & A, Mango, Calvin Klein, Jack & Jones e Marks & Spencer (M & S) i livelli riscontrati sono molto alti, ossia superiori a 1ppm (parte per milione).
Inoltre per ZARA quattro dei capi sembrerebbero contaminati da alti livelli di ftalati tossici, mentre altri due presentano tracce di un'ammina cancerogena derivante dai coloranti azoici.
Greenpeace ha lanciato una petizione mondiale chiedendo ai marchi di azzerare le sostanze tossiche che inquinerebbero i capi d’abbigliamento. In effetti già da tempo, dopo aver riscontrato qualche sospetto episodio allergico dovuto ad alcuni indumenti, ho voluto approfondire l’argomento e ho scoperto che circa l’8% delle dermatiti allergiche sono determinate proprio dal contatto coi tessuti.

All'interno degli indumenti, le sostanze che danno più spesso problemi sono: i coloranti e in minor misura le sostanze di fissaggio, cioè prodotti antipiega, detergenti e ammorbidenti, gomma e colle che vengono aggiunti nelle fasi di produzione.
Dal punto di vista chimico il 40% dei coloranti sono AZOICI , ma non tutti creano allergie. Vi sono poi tra i coloranti i principali allergizzanti, quelli costituiti dai dispersi. Sono una classe di coloranti utilizzata per tingere fibre sintetiche o fibre miste. Per cui dovremo stare principalmente attenti ai capi sintetici e soprattutto da quelli che quando li laviamo perdono molto colore.
Esistono a questo fine dei marchi, delle certificazioni, tipo Oeko-tex, Ecolabel, VIS (Vestire In Salute), che ci garantiscono sia l'assenza dei coloranti dispersi dal capo finito, che anche l'assenza di residui di metalli pesanti o di sostanze cancerogene.
Questi marchi possiamo andare a cercarli sull'etichetta del capo d'abbigliamento. Se potete cercate quindi di comprare tessuti naturali e made in Italy, dove i controlli sono senz’altro più severi che nei paesi esteri, soprattutto quelli orientali.
Così ora dovremo anche rinunciare ai rilassanti shopping per le vie del centro, alla ricerca di un po’ di distrazione allo stress quotidiano: prima di uscire dovremo armarci di libretto delle istruzioni con tanto di Blacklist e elenchi di marchi ecologici-biologici-biocompatibili-non tossici per dormire sonni tranquilli con la nostra prossima maglietta!
Nel frattempo, sprofondata nella mia “vecchia” e sicura poltrona in stoffa, passo in rassegna mentale i capi d’abbigliamento acquistati così incoscientemente negli ultimi anni e devo dire anche un po’ intimorita sapendo di aver custodito gelosamente un killer nell’armadio. A questo punto mi armo di cucchiaio e mi butto sull’ultima consolazione, memore di un atavico sapore infantile che guariva ogni tristezza: il barattolo della cioccolata. Ma vi prego non avvisate Greenpeace…non vorrei che arrivasse a mettere il dito anche nella mia crema...


Il mio articolo è su /http://www.stampolampo.it/dblog/

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